Eravamo arrivati davanti al grande cancello e lei si avvicinò all’insegna della casa che il nonno aveva attaccato a un vecchio portoncino mezzo tarlato che chiudeva chissà quale ingresso nei tempi passati. Era stata quasi del tutto coperta dai tralci del glicine che ogni primavera rifiorivano di grappoli violacei e profumati e si allungavano attorcigliandosi sempre più su se stessi.
Asia accarezzò il disegno ormai sbiadito dove la nonna aveva dipinto la casa diroccata col suo cipresso come l’avevano vista la prima volta. Ogni anno mio padre lo ricolorava ma l’inverno lo scoloriva di nuovo e i nostri nomi scritti sulle nuvole si percepivano appena. Asia sorrise. “È così bella quest’insegna… e ricordo quanto la nonna ne fosse orgogliosa”.